Zuegg, azienda storica che da oltre cent’anni propone tutta la genuinità della frutta con l’aggiunta di ingredienti del tutto naturali, è presente nel mercato con marmellate dalla consistenza piena e vellutata a prezzi competitivi.
Oggi Zuegg racconta la sua verità e le sue origini, accompagnata da un posizionamento di marca orientato alla bontà e grazie al nuovo spot, vuole far arrivare nelle case degli italiani un’importate messaggio: la sua competenza nel coltivare e lavorare la frutta con un’abilità superiore, per realizzare solo i prodotti migliori. Questo ritorno in tv accompagna l’azienda in una nuova fase di posizionamento in cui la centralità e la premiumness del frutto diventa l’elemento distintivo.
Fondamentale anche la conoscenza della tradizione con l’obiettivo di essere riconosciuta come il brand della nutrizione contemporanea e sicura. Il brand ha dunque ribilanciato il suo media mix per comunicare a tutti i target facendo sentire ognuno “più a casa”.
Un approccio che permette di ascoltare le esigenze dei consumatori ai quali viene trasmessa la tradizione e la storicità dell’azienda poter comprendere come è percepita la propria identità di marca ed essere stimolati nella creazione di nuovi prodotti.
Una storia di famiglia, vera, profonda e personale fatta di frutteti e persone che si incontrano.
A tal proposito ce ne parla il responsabile Marketing & Comunicazione di Zuegg, Cristian Voltolini.
Qual è il vostro posizionamento di marca?
Iniziamo distinguendo i due brand: Zuegg e“suo figlio” Skipper, con due posizionamenti che nel corso degli ultimi anni si sono abbastanza differenziati per essere il più possibile efficaci rispetto alle categorie nelle quali operano. Sicuramente sul brand Zuegg la traduzione del nostro posizionamento è stata quella che si è poi vista nella linea più rappresentativa, più storica dell’azienda, che comprende la confettura tradizionale e i succhi Super Premium, alla quale abbiamo dato il nome “I frutteti di Oswald Zuegg”. Quattro anni fa quindi proprio con la campagna media “I frutteti di Oswald Zuegg dal 1890” e tramite i prodotti che la supportavano abbiamo iniziato il riposizionamento del brand.
Come mai avete deciso di riposizionare il brand?
In tutti i posizionamenti di marca, soprattutto se si parla di brand con una certa storicità, credo che si debba iniziare dall’ascolto. Cinque anni fa quando sono arrivato in questa azienda, la comunicazione ATL non c’era da diversi anni e quindi abbiamo deciso di intraprendere un percorso che nasceva dall’ ascolto.
Un ascolto interno ed esterno: cosa sentivamo di essere noi, quindi una brand identity interna e, all’esterno, un ascolto di cosa il consumatore pensava fosse l’azienda, il brand. Abbiamo confrontato quali erano per noi i valori fondanti e quelli percepiti del brand e abbiamo capito che il gap era molto forte perché c’era una grossa distanza rispetto a quella che era la realtà.
Ad esempio non si conoscevano la nazionalità e la storicità dell’azienda per questo abbiamo deciso di raccontare la storia reale creando uno storytelling per arrivare al consumatore con quelli che sono i nostri valori fondanti: le 5 generazioni di storia familiare, l’italianità del brand e il forte legame con la terra. Infatti, abbiamo messo in risalto la nostra matrice altoatesina, motivo per cui in comunicazione ci accompagna sempre la voce del nostro imprenditore che ha un forte accento altoatesino, che cammina tra i suoi frutteti così da raccontare con la massima verità la nostra lunga expertise e l’ambizione all’eccellenza che da sempre ci contraddistinguono.
Come avete iniziato questo percorso di comunicazione che vi ha portato a distinguervi nel mercato e quali sono le strategie per mantenere questo posizionamento?
Un grande passo lo abbiamo fatto quando abbiamo deciso di dare un’identità ad ogni brand nel nostro portafoglio definendo come Zuegg doveva lavorare nei suoi valori tradizionali di famiglia e di eccellenza e come Skipper doveva esaltare il suo dna contemporaneo di bevanda a base frutta e naturale. Dunque in primis abbiamo deciso di distinguere queste due anime e poi la seconda grande decisione è stata quella di prendere di petto il cambiamento del media mix e di ridefinire la nostra scelta di canali di comunicazione inserendoci nel digitale, un canale strategico per noi.
Per Skipper abbiamo scelto un approccio molto coraggioso ed istantaneo in particolare sui social scegliendo il digital come principale canale di comunicazione del brand. Per Zuegg invece, un brand più tradizionale, più ancorato ai valori tradizionali, abbiamo ribilanciando il media mix cercando di comunicare a tutti i target facendo sentire ognuno “più a casa”. Un approccio omnichannel che ci permette di PARLARE al consumatore nei diversi momenti della sua giornata sul canale di fruizione ma soprattutto con le informazioni e le relazioni più rilevanti. Abbiamo preso delle decisioni che ci accompagneranno nei prossimi anni: Skipper è il brand del bere sano e pulito. Zuegg, invece, è il brand della nutrizione, contemporanea e sicura.
Quale strategia di sviluppo del business state attuando e quali sono le vostre prospettive future?
Con Zuegg, come accennavo prima, dobbiamo allargare l’orizzonte quindi parlare di nutrizione, affrontare i temi del biologico, della sostenibilità cioè cercare di entrare sui macrotrend presenti oggi e avere una proposta distintiva e unica rispetto agli altri competitors. Un orizzonte che si allarga fino a comprendere la coltivazione, oltre che di frutta, anche di verdura. In pochi sanno che Zuegg lavora la verdura da molti anni; la prossima sfida è trovare il modo giusto per offrire dei prodotti al consumatore anche a base di vegetali.
Per quanto riguarda Skipper, invece, abbiamo l’obiettivo di essere riconosciuti come bevanda in senso lato noi facciamo prodotti che si possono bere come alternativa al solito ‘drink’, dissetando in modo sano, naturale e leggero.
Parliamo della vostra attività di Instant Marketing presente soprattutto nei social. Un’attività di comunicazione definita provocatoria proprio perché ancorata all’attualità, un modo intelligente di coinvolgere i vostri follower. Perché questa scelta? Ne state misurando i risultati che state ottenendo?
Diciamo che la scelta nasce da una necessità. Personalmente penso che al giorno d’oggi, ogni azienda che sceglie di stare sui social media, in qualche modo si espone, perché apre la possibilità alle persone di dialogare. Nel momento in cui si prende questo tipo di “rischio/opportunità”, penso che sia meglio dominare il mezzo piuttosto che subirlo: l’opinione pubblica, ma anche l’opinione del singolo, quando si muove all’interno di un canale digitale può prendere degli angoli rischiosi anche per l’azienda che, seppur poco fondati, possono far montare delle vere e proprie crisi dal punto di vista della percezione di marca. Tre anni fa abbiamo deciso di essere presenti su quel canale aprendo delle pagine social per Skipper, di ridefinirne la strategia per Zuegg e di dominare questi canali attraverso la relazione. Il social media è un canale di relazione: se lo uso, devo entrare in contatto col consumatore e devo “dialogare” con lui sui temi d’attualità, perché se io utilizzo i social media come un canale di comunicazione classica e passiva dal punto di vista del consumatore, lo sto utilizzando come la tv, quindi sto facendo semplicemente advertising. In quel caso il social media mi restituisce dei costi forse leggermente inferiori alla tv ma delle opportunità che non sono tanto diverse da quelle che ho sul canale televisivo.
È molto diverso, invece, utilizzare il social media per avere una relazione, per comunicare, per entrare in contatto e trasferire la parte, diciamo, più valoriale del brand, quindi il posizionamento, il modo di pensare e di vedere la vita del brand e il suo modo di agire. Proprio come fanno le persone. Se io ho una mia opinione su quello che accade nel mondo come brand, la veicolo e allora riesco ad entrare in contatto con le persone e noi abbiamo fatto proprio questo: capire quali sono, gli argomenti dei quali le persone parlano, e dare il nostro punto di vista in modo onesto e reale, senza la paura del giudizio. Ricordo che 3 anni fa, all’apertura della pagina Facebook di Skipper, ogni post aveva una media engagement molto bassa. Oggi è superiore di ben 10 volte. Penso che fare branding e creare, non un prodotto, ma un brand, vuol dire comunicare valori, una personalità con i quali le persone si possono identificare. E questo è importante. Poi, è normale che un punto di vista possa non piacere a tutti, però è giusto averlo perché è una direttrice sia di business che di sviluppo della comunicazione. Sui social media se si vuole avere una relazione vera bisogna il fatto che ci possa essere qualcuno che non è d’accordo con il modo di essere del brand e esprima il suo dissenso.
Molto spesso alle aziende fa paura leggere un consumatore che dice: “Io non ti compro”. Però in realtà è solo la conferma di ciò che queste persone già pensano: hanno solo l’opportunità di scriverlo e dirlo. Ma è proprio attraverso quel messaggio che il brand ha l’opportunità di instaurare un dialogo e di vedere se magari ci sono punti in comune.
Se scegli di comunicare con le persone, hai lo stesso atteggiamento che hai con il tuo amico del cuore: devi rispondergli anche se ti chiama nel cuore della notte. Devi essere disposto a comunicare come fanno le persone, ovvero essere disponibili 7 giorni su 7: un’opera quasi di umanizzazione del brand ma anche dell’azienda stessa e la voglia di restare vicini. Il “Succhino di cittadinanza” è stato un esempio in questo senso che ci ha davvero soddisfatti.
A quanto ammonta, in percentuale, e come viene ripartito il budget tra social e media tradizionali? E come si misura l’investimento in questi canali?
Più o meno noi investiamo il 20% del nostro budget media complessivo annuo sul canale digitale. Ma se parliamo di social media, come budget continuativo sulla pagina Facebook e Instagram siamo ad un budget di gran lunga inferiore. Cioè, con i soldi che noi investiamo sui social media per sponsorizzare un contenuto (e non per riverberare la campagna ADV), arriviamo alle persone tramite l’organico, quindi tramite le interazioni, i like e tutte le attività spontanee che le persone operano sui nostri contenuti. La bravura sta nel creare community vive e fare in modo che diventino le ambasciatrici del tuo messaggio. In questo modo l’efficacia del budget investito si moltiplica e l’opportunità data dal digitale diventa molto più interessante.
Chi è Cristian Voltolini